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La scelta della bici (seconda parte)

21/07/2021

Finalmente la nuova puntata dei Ciclopensieri con Giovanni Giorla che continuerà a divertirci con la seconda parte de "La scelta della bici". Assolutamente da non perdere per chi, come noi, si è lasciato catturare dalla sua grande capacità di scrittura e dalla sua ironia.

Avete appena affrontato una dura salita. La giornata è afosa e fermate la bici davanti a una fontana, zampillante acqua fresca. Sfilate il casco, con gli occhi che cominciano a bruciare per il sudore, e lo appendete in testa alla colonna della fontana. Vi bagnate il viso e gli avambracci, poi tracannate di gusto a più riprese. Dal lato opposto della strada vi giungono le voci concitate di due individui, seduti nel dehor di un bar. Costoro discutono animatamente, agitando le braccia, quasi a minacciarsi l’un l’altro. “Di cosa staranno dibattendo così aspramente?”, pensate.

 

“Uno sarà politicamente di destra e il secondo di sinistra? Uno è un tifoso juventino, mentre l’altro è interista? Uno sarà l’idraulico e l’altro il cliente al quale è stata presentata la fattura? Magari uno è vegano e l’altro un macellaio, il primo è ambientalista e il secondo un cacciatore, uno è fan di Nonna Papera e il secondo di Cip e Ciop…?”. Mentre il dubbio vi arrovella, rimuginando rimontate in sella (mi ci son voluti anni di studio per questa rima…). Poi vi allontanate, non prima di aver recuperato il casco, scoprendo, senza vederla, una targhetta: “Acqua non potabile”.

 

Oltre alla targhetta non vista, non saprete mai che non vi siete minimamente avvicinati al motivo del contendere. Se oggi, nel 2021, notate due persone discutere con veemenza, sappiate che secondo un’indagine condotta un pomeriggio all’Ikea, nel 93,6 % dei casi la diatriba non è politica, sportiva, ecologista, ma è una e una soltanto: meglio la bici tradizionale o la e-bike? Questo dualismo è la causa principale della rottura di amicizie di lungo corso, di fidanzamenti lungo il corso, e di caschi sulle costole di un lungo corso (un ciclista spilungone di Ajaccio, per la precisione). Nessuno dei contendenti ammetterà mai che l’altro ha ragione, ed entrambi si addormenteranno sereni, sotto le lenzuola, abbracciando le loro amate bici. Pertanto, quale bici scegliere? Quella tradizionale (detta anche muscolare) o una e-bike? Prima di indicarvi qual è la scelta migliore, perché esiste una scelta migliore, facciamo un tuffo nella storia.

 

La bici tradizionale nasce tanto tempo fa. Ma quando? Fonti, non confermate, dicono che già nel dodicesimo secolo un fabbro toscano saldò 2 assi a 2 ruote, ma l’idea di 2 ruote con appiccicati un asse di picche e uno di fiori non fu accolta con particolare entusiasmo. Sempre in quel secolo pare sia nata la prima gara ciclistica: la Poggibonsi – Firenze. La competizione naufragò quasi subito, non tanto per la presenza del team “Cicli Noè”, e neppure per la rivalità tra una città ghibellina (Poggibonsi) e una guelfa (Firenze), ma perché la RAI (Racconti Audio Itineranti) i cui menestrelli avrebbero dovuto diffondere la manifestazione, non sapeva dove reperire i 1200 fiorini pattuiti. Avessero atteso pochi secoli, avrebbero potuto chiederli a Begnini e Troisi, facendoli passare più volte dalla dogana (Chi siete? Cosa portate? Si, ma quanti siete? Un fiorino!).

 

Alcune fonti fanno invece risalire la nascita della bicicletta in Francia, nel 1791, grazie a Mède de Sivrac che costruisce il “Celerifero”, mancante dei pedali, dei freni e dello sterzo direzionale! Si spingeva coi piedi e, francamente non si comprende l’utilità di questo mezzo utilizzabile solo in piano. Immagino le persone a cavallo, a dorso di un mulo, semplicemente a piedi, o anche camminando sulle braccia a testa in giù, che andando più veloci, ironizzavano su questo mezzo. E infatti pare che il “celerifero” non sia mai esistito (fonte Wikipedia), ma fu inventato di sana pianta dai francesi, più di un secolo dopo, per dimostrare la loro superiorità nei confronti dei tedeschi, i quali, invece, nel 1817 grazie a Karl Drais idearono quella che la stampa ribattezzò “Draisina”, simile al fantomatico “celerifero”, ma con un freno e la ruota anteriore sterzante.

 

Qualche anno dopo, alla ruota anteriore della Draisina furono montati i pedali. La Draisina, pur mancando ancora di trasmissione, è quindi la prima bicicletta “muscolare” di cui si ha notizia certa (anche se io ho qualche dubbio sul fabbro toscano…). Solo alla fine del 1800 venne sviluppata la trasmissione, con catena e corona dentata, in quella che ormai (stavolta si, grazie ai francesi) era divenuta la “bicicletta”, rimpiazzando termini come “velocipede” e “biciclo”. Immaginate ora se il nome Draisina avesse superato il tempo indenne. In questo sito ci sarebbero le “Draisinrubriche”, portereste il vostro mezzo a riparare dal “draisinista” e invece che le “ciclabili” avremmo le “piste draisine”. E, chiaramente, voi sareste “draisinamatori”.

 

“Beh, almeno la bici tradizionale ha una sua storia, di almeno un paio di secoli, mentre la bici elettrica, al confronto, è poco più di un neonato”, reclameranno i puristi. Non scommettete mai su qualcosa di cui non siete più che certi, a meno che non siate un Marty McFly qualsiasi, giunto da “Ritorno al futuro”. Della prima bici elettrica si hanno notizie già dal 1881! Fu un ingegnere francese, Gustave Trouvè, che sfreccio nel centro di Parigi con un triciclo dotato di un piccolo motore elettrico. A differenza di oggi, però, i puristi dovevano essere una ferrea e incorruttibile maggioranza: l’idea fu sottovalutata e non riuscì a essere brevettata. Così il povero Trouvè non poté inventare, con la moglie, la scusa: “Esco con la bici a comprare le sigarette”. Coniuge era e coniuge morì.

 

Ma la storia della bici elettrica è assai curiosa. Negli anni a venire fu un susseguirsi d’innovazioni tecniche, a cominciare dal 1895 quando l’americano Ogden Bolton jr registrò per primo l’antesignana della bici a pedalata assistita. Seguirono poi diversi inventori e ingegneri americani, sino a metà del 1900: motori posteriori, motori gemelli, frizioni. Agli americani seguirono gli europei: incredibile il modello “Spacelander”, oggi culto per i collezionisti, ideato nel 1946 dal britannico Benjamin Bowden. Il mezzo aveva una forma aerodinamica e avveniristica e prevedeva un motore a batteria in grado di ricaricarsi in fase di discesa. Che ci crediate o no, tutte le idee di cui sopra furono sonori flop! Da un lato ingegneri e inventori (forse ossessionati dalle mogli) che si appassionavano alla ricerca, dall’altro produttori e consumatori restii a questa innovazione.

 

Indovinate un po’ chi riuscì a far decollare la bici elettrica e visse felice, potendo uscire a comprare le sigarette? Ma certo, un giapponese! Nel 1994 la Yamaha sostituì le batterie pesanti e ingombranti con accumulatori al nichel-cadmio, rendendo felici milioni di mariti. Nel 1996 toccò ai mariti italiani, grazie all’Aprila (modello Enjoy) e alla Piaggio (Albatros). Da lì in poi fu il decollo di vendite di bici elettriche, sigarette e mattarelli (quest’ultimi acquistati dalle mogli).

 

Ed è giunto il momento di stabilire qual è l’acquisto migliore. Tutti conosciamo la bici tradizionale. Un mezzo romantico. Infatti, chi di noi non ha mai pedalato almeno una volta “alla bersagliera” (cioè con la sella in mano)? Chi di noi non ha mai spinto per chilometri, magari in salita, l’amato ciclo vittima di “mostruosa foratura”. Chi di noi non ha mai baciato a lungo, appassionatamente il partner, credendo che la bici fosse ancora appoggiata al muro, prima che la rubassero per sempre. Potremmo dissertare per ore sulla nostra amata due ruote, tutta libertà e sudore.

 

Le stesse (dis)avventure si possono avere sulla bici elettrica, che, contrariamente a quanto si pensa, pare faccia comunque consumare calorie, perché ci si viaggia per più tempo. Sembra che dal suo utilizzo, le articolazioni, la schiena e le prestazioni cardiopolmonari ne traggano vantaggio. Sebbene dal punto di vista cardiologico la cosa non pare così chiara: infatti quando ne si apprende il costo, il miocardio (ma anche il tuocardio) rischia di subire un duro colpo! Di contro si tenga presente che, sopra i 25 Km orari, il motore smette di funzionare: così invece di pedalare su una bici di circa 10 Kg, se ne deve spostare una che ne pesa circa il doppio. 

  

Morale: qual è la scelta migliore? Muscolare o e-bike? Cari amici, puristi, non puristi, puritani e amanti del purè, in generale ricordate che pedalare aiuta a contrastare la ritenzione idrica, abbassa la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca a riposo, abbassa i livelli d’ansia e ha effetti benefici sull’umore e sul pianeta. Godetevi la vostra bicicletta, la vostra Draisina, muscolare o elettrica, qualsiasi essa sia. Comunque, con assoluta certezza, la scelta migliore è… Scusate, devo uscire 5 minuti a comprare le sigarette!

 

P.S. In realtà lo scrivente non fuma e ricorda a tutti che il fumo fa male (soprattutto alle mogli, se dovete uscire a comprarle).   

 

Giovanni Giorla per La Salite del VCO

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